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sabato 8 giugno 2013

Suonato





L'ultimo pugno era arrivato secco al volto. Un gancio di una potenza micidiale del suo avversario assai più svelto di gambe di lui. Già, le gambe!
Il suo secondo lo aveva avvertito di non restare bloccato sulle gambe o sarebbero stati guai seri. "Agile.. Agile!" Lo sentiva ringhiare fuori dal ring. "Stai lontano da quel fottuto angolo!"
Era uno che sapeva incassare. Lo pagavano per quello. Incassare e resistere fino alla ripresa stabilita, incassare il premio della scommessa e via in un'altra città.
Era tutta una vita che incassava e non solo pugni. Non aveva avuto una carriera facile. Era lo specchio esatto della sua vita sconclusionata. Segnata come il suo volto, col setto nasale deviato e gli zigomi ingrossati dai pugni.
E di pugni in faccia ne aveva presi più di quelli dati, tanto che si chiedeva seriamente se non ne avesse presi troppi, visto la fatica che faceva a riordinare le idee o i ricordi.
Eppure quella sera sentiva che ce la poteva fare. Stretto all'angolo incassava quasi senza fiatare i colpi dell'avversario. Era convinto di poter dimostrare a quella folla in delirio e a stesso di essere capace di sovvertire il pronostico, di valere ancora qualcosa. Ma quel gancio si era fatto sentire. Le gambe erano di colpo diventate pesanti e il gong era ancora troppo lontano. Doveva reagire, buttare fuori l'aria che sapeva di sangue rappreso del labbro tagliato.
L'arbitro gli contò i secondi davanti agli occhi. Uno, due tre..
Coi guantoni abbassati cercò di farsi vedere il più tonico possibile.
"Ce la fai?"
Fece di sì col capo incassato sulle spalle larghe. Puzzava di un sudore acre. Strinse con forza il paradenti e guardò fisso il suo avversario che lo scherniva ballonzolandogli davanti. Non si mosse dall'angolo. Era lì che voleva restare. Portò la guardia alta stringendo i gomiti alle costole doloranti. Quanto poteva ancora resistere. Quanto?
Tentò una difesa per sottrarsi a quella serie di colpi bassi che gli arrivavano da tutte le parti e lasciò partire un diretto che si infilò nella guardia dell'avversario. Se solo avesse avuto la potenza di un tempo, forse l'avrebbe steso, pensò. Ma non fu così. L'altro gli si avventò contro con più veemenza di prima fino al suono del gong.
Il viso era una maschera di sudore e di sangue. L'occhio destro era quasi completamente tumefatto e a poco servì il freddo del metallo per tamponare la ferita ormai gonfia che gli impediva di vedere. Eppure, era ancora convinto di potercela fare.
"Resisti, devi resistere. Ancora due riprese e incassiamo la nostra parte ed è fatta." Per il suo secondo era solo una questione di soldi e di scommesse truccate. Per lui, era una questione di dignità. Voleva sentirsi onesto fino in fondo con se stesso per una volta nella vita. Infischiarsene delle scommesse e vincere quel dannato incontro. Era stanco di finire a tappeto per ingrassare le tasche degli scommettitori. Stanco di fare da comparsa di un copione già scritto in un circo di pulci ammaestrate.
Si ributtò nel match con tutte le forze che ancora aveva. Lasciò partire un montante col sinistro, giocando d'anticipo ma andò a vuoto. L'avversario lo irrideva senza colpirlo.
Gli danzava intorno schivando i suoi colpi a vuoto e si ritrovò di nuovo all'angolo.
"Puoi farcela... te lo devi... puoi farcela.." si ripeteva.
Le parole gli ronzavano in testa come un calabrone impazzito in un alveare di api. Il vociare della folla si era assopito di colpo come in un film muto.
Era davvero convinto di potercela fare, ma commesse l'imperdonabile errore di abbassare la guardia. Due ganci veloci uno dopo l'altro seguiti da un diretto devastante lo centrarono al volto e le ginocchia cedettero di schianto. Lo sguardo era già perso nel vuoto mentre cadeva. Il sapore della polvere lo conosceva bene, amaro come il sapore della sua vita. Era andato a tappeto troppe volte per dimenticarlo. Era il sapore della sconfitta.