"L'ultimo volto è il volto col quale
ti accoglie la morte"
(da un manoscritto anonimo della biblioteca
del monastero del monte Athos. Sec XI)
ti accoglie la morte"
(da un manoscritto anonimo della biblioteca
del monastero del monte Athos. Sec XI)
Sono una puttana di strada. Una battona di quelle che voi neanche ci fate caso quando ci passate davanti. La statale 23 è il mio posto di lavoro, chilometro 31 per la precisione. E non mastico cicche. No perché, lo so come siete voi. Per voi siamo tutte uguali, un buco buono solo da svuotarvi i coglioni. Non siamo persone per voi. Siamo puttane e basta. Pensate che siamo tutte uguali, tutte messe allo stesso modo, involgarite nei modi e nel vestire, tutte a ruminare cicche quando abbordiamo un cliente. E invece no. Io non mastico cicche. Mastico amaro, quello si, ma ho sempre odiato le cicche. Fin da piccola.
Non faccio una bella vita. Perché a nessuno gli venga mai in mente che stare su una strada sia fare la bella vita. Semmai faccio solo la vita.
Noi puttane di strada ci definite così, donne che fanno la vita. Vita da strada, da marciapiede, da osteria e da bordello, quando esistevano. Perché adesso poi neanche le osterie ci sono più. Sono tutti posti per fighetti, mica più quelle che c'erano un tempo. Come quelle che mi raccontava mio nonno. Alla buon anima.
E non pensate che voglia compiangermi, toglietevelo dalla testa. Ormai ho imparato ad accettare la mia vita a suon di frustate e di cazzi in culo, quindi mi sta bene così. E forse me la sono pure meritata sta vita. Non do colpe a nessuno. E non vengo a raccontare di certo a voi perché sono finita qui. Quelli sono fatti miei. Ma vi vorrei vedere a voi sulla strada, anche per un giorno. Magari due, va.
E la strada la conosco bene. Che uno pensa che sia facile stare sulla strada tutto il giorno. Perché sulla mia strada io ci sto di giorno. Che io la notte non la voglio più fare. Ci sono troppi balordi in giro, che al Beppe gli ho detto di no, piuttosto ammazzami.
Quando piove, quando fa freddo o quando c'è il sole io son sempre lì a misurare i passi del mio posto. Arrivo presto e finisco tardi, mi manca solo il cartellino da timbrare e poi son proprio come voi pure io. Che poi, quando arriva sera ho pure le caviglie che mi fanno un male cane, e fosse solo quello che mi fa male. E vi vedo quando passate. Certo che vi vedo. Voi non ci pensate nemmeno che noi vi si possa guardare. E mica per adescarvi. No. Solo per il gusto di guardarvi. Perché sulla strada con tutto il tempo che stai lì, ti ci annoi pure. Qualcosa devi pur fare per ingannare il tempo.
Così io vi guardo che andate avanti indietro, tutti nelle vostre scatolette. E quando si sta lì sempre allo stesso posto, tutti i giorni dell'anno si finisce per riconoscervi tutti.
Il traffico è sempre lo stesso, sempre uguale. Dipende dagli orari. Ma la gente che ci passa più o meno è quella.
C'è l'ora dei camion. Che quelli, mamma mia, quando se ne ferma uno ti vien sempre il groppo in gola, specie se poi ci devi montare sopra. Poi c'è quella dei pendolari. Quei poveri cristi che fanno tutti i giorni la stessa strada a passo di lumaca. Poveri. Donne comprese.
E comunque quando stai lì all'inizio non ci fai caso, ma poi finisce che vedi sempre le stesse macchine, agli stessi orari, con le stesse facce. Che con la coda che c'è sempre, impari a riconoscerli tutti.
C'è quello che ha la macchina di lusso, che magari manco l'ha finita di pagare che con quello che gli sarà costata solo il magnaccia può fare. Magari ci porta a spasso la sua bella mogliettina, o l'amante e quando passa ti guarda con quella faccia da cazzo che si ritrova e sembra che ti dica scansati troia. Che poi ci vuol ben altro per offendermi.
E c'è quello della macchina grigia, non so di che marca io non me ne intendo mica. Sulla sessantina, pelato e con gli occhiali. Che lui ti guarda da dietro le lenti fino a che è lontano. E poi quando ti sfila via gira solo gli occhi rigido come un morto e rosso in faccia di vergogna. Che quelli come lui mi fanno tenerezza proprio.
Poi ci sono i furgoni, e quelli li conosco tutti, proprio tutti. Ma solo perché tanti hanno le scritte. E io sarò pure una puttana, ma per le scritte ho occhio. Ho una memoria fotografica e le scritte aiutano, tanto che potrei pure dirvi anche l'ora che passano. E pure chi li guida. Vanno come dei dannati, avanti e indietro che sembra che abbiano il pepe al culo da come vanno di fretta.
Poi ci sono i vecchietti. Quelli sono i miei preferiti. Che me lo sono chiesta pure il perché. Forse perché mi ricordano mio nonno o forse perché non hanno più niente da chiedere alla vita, proprio come me. Ce ne è uno, che avrà un'ottantina d'anni con la panda verde. Ma non quella nuova. Quella vecchia. Che ti chiedi come faccia ancora ad andare, e non solo la macchina, pure lui. Che quando passa con la moglie lo capisci bene che non la sopporta più, dopo una vita che ci litiga per tutto, ma che guai a chi gliela tocca.
Le donne poi. Per loro noi siamo feccia. Mica ci guardano neanche. Le vedi che fanno finta di non vederti. Ma ci sta. Se fossi come loro, farei esattamente così anch'io.
Ma qualche volta mi viene pure da ridere perché a qualcuna di quelle facce da santarellina qualche consiglio su come succhiare il cazzo glielo darei.
C'è quella che sta sempre al telefono quando passa, che io mi chiedo sempre con chi parla. Da come ride di certo mica sta col fidanzato. C'è una che si trucca se la coda va lenta e se poi vede che la guardi e ti fa la faccia schifata. Ma ti sei vista, almeno? Che senza quei chili di fondotinta e di mascara sembri una suora!
Eppoi quando sto lì mi diverto pure al mio gioco preferito. Guardo e mi dico, questo da come è vestito fa l'avvocato, questa la segretaria, questo ce lo vedo che vende aspira-polveri, questo invece ce lo manderei a fare il missionario in Africa. E via. Mi diverto così.
E poi ci sono le moto. E gli scooter, non so se si scrive così. Bhe, quelli degli scooter li detesto. Fanno tanto i simpaticoni quando si fermano ma stai sicura che ti stanno solo pigliando per il culo. Ma sono giovani, quelli. Fanno gli spacconi per avere qualcosa da raccontare al bar. Ed è giusto così. Mica me la prendo.
Le moto invece no, quelle le adoro. Passano e non si fermano, no. Che quando ero ragazzina sognavo di avere un fidanzato con la moto. E invece ho solo avuto dei buzzurri col furgone, che c'era da vergognarsi ad andare in giro. Ma non per il furgone, per loro. E poi si, anche un po' per il furgone. Non che volessi la Ferrari, ma è che non ho mai sopportato la puzza di idraulico e tubi di ferro che avevano, che quando ci scopavo nel retro mi rimaneva addosso per una settimana. Poi a essere sincera io ho sempre avuto paura delle moto, anche se mi piacciono. E' la velocità che mi spaventa, ma le moto mi facevano troppo sesso. Non so perché.
Che adesso io le moto non le posso più vedere. Non dopo quel maledetto giorno, no. E chi se lo scorda più quel giorno. Che ho pure chiesto a Beppe di cambiarmi di posto e quel bastardo mi ha risposto che quel posto vale oro e di non rompere più i coglioni con sta storia. Bastardo due volte.
Perché tutti i giorni dell'anno possono essere uguali per una puttana, ma anche a una puttana quando ti capita una cosa così, non te la scordi più per tutta la vita.
Che come si fa a dimenticarsi quegli occhi. Come si fa. Quando è successo quell'incidente che quel ragazzo che vedevo tutti i giorni l'han fatto volare, lui e la sua moto. Proprio davanti a me. Che non aveva più neanche il casco quando me lo sono trovato lì. Maledetta strada di merda. Sembravo scema, sembravo. Mi intendo solo di cazzi non di pronto soccorso.
Poi si fa in fretta a dire, togliti di mezzo puttana, quando sei lì che vedi un viso così come quello, così dolce. Che dentro quegli occhi gli vedevi la vita, gli vedevi. E che invece ti muore davanti, cazzo. Con tutti i posti al mondo proprio davanti ti muore e tu non puoi fare altro che tenergli la mano e piangere. Piangere. E poi pensi, che l'ultima cosa che ha visto è la faccia di una puttana e chissà quante volte che mi ha vista. Quella che batteva al chilometro trentuno. E mi ha pure sorriso, mi ha.
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Le immagini contenute nei racconti sono esplicative delle storie narrate. Qualora gli autori lo ritenessero saranno rimosse scrivendo a pensieriinsonni@gmail.com
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